Il nome di Gesù ' perde autorità in altre lingue? (Cattolica)

Il 29 giugno 2008, il Cardinale Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha scritto ai presidenti di tutte le conferenze episcopali, vietando l’uso del termine Yahweh nella liturgia, in particolare nelle traduzioni di inni e Salmi. Le stesse ragioni dovrebbero valere anche per Yeshua il nome ebraico di Gesù. Ecco un estratto di quella Lettera alle Conferenze Episcopali sul nome di Dio:

Quando infatti San Paolo, a proposito della crocifissione, scrive che “Dio lo ha esaltato e gli ha conferito il nome che è al di sopra di ogni nome” (Fil 2,9), non intende altro nome che “Signore”, perché continua dicendo: “e ogni lingua confessa che Gesù Cristo è il Signore” (Fil 2,11; cfr. Is 42:8: “Io sono il Signore; questo è il mio nome.”) L’attribuzione di questo titolo a Cristo risorto corrisponde esattamente alla proclamazione della sua divinità. Il titolo infatti diventa intercambiabile tra il Dio di Israele e il Messia della fede cristiana, anche se non è in realtà uno dei titoli utilizzati per il Messia di Israele. In senso strettamente teologico, questo titolo si trova, ad esempio, già nel primo Vangelo canonico (cfr. Mt 1,20: “L’angelo del Signore apparve a Giuseppe in sogno.”) Lo si vede come una regola nelle citazioni dell’Antico Testamento nel Nuovo Testamento (cfr. Atti 2: 20): “Il sole sarà trasformato in tenebre. . . prima che venga il giorno del Signore “(Gioele 3: 4); 1 Pietro 1:25: “La parola del Signore rimane in perpetuo” (Is 40,8). Tuttavia, nel corretto senso Cristologico, oltre al testo citato di Filippesi 2:9-11, si può ricordare Romani 10:9 (“Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato”), 1 Corinzi 2:8 (“non avrebbero crocifisso il Signore della gloria”), 1 Corinzi 12:3 (“Nessuno può dire ‘Gesù è Signore’ se non sotto l’azione dello Spirito Santo”) e le frequenti formula riguardanti il Cristiano, che vive “nel Signore” (Rm 16:2; 1 Cor 7:22, 1 Tessalonicesi 3:8; ecc).

Michael Marlowe ha scritto un eccellente articolo degno di reding sulla questione della traduzione dei nomi di Dio. L’ultimo paragrafo di esso dovrebbe riassumere succintamente la sua opinione.

Altri culti del “Nome sacro” pongono grande enfasi sull’uso del tetragramma, e anche sulla presunta forma ebraica del nome di Gesù, per ragioni che non sono sempre chiare. Alcuni sembrano credere che particolari pronunce ebraiche dei nomi di Dio e Cristo siano un segno della vera Chiesa, e che ci sia anche qualcosa di sbagliato nell’usare la forma graecizzata e anglicizzata “Gesù” invece di “Yeshua”, o “Jehoshua”, “Yahshua”, o qualsiasi pronuncia sia messa come più autentica. Agli scrittori del Nuovo Testamento ovviamente non importava nulla di tutto ciò. Essa deriva dal dilettantish interesse in ebraico che si trova spesso tra i moderni pentecostali, avventisti, e altre persone non ortodosse, che fantasia che essi sono “ripristino” qualcosa di essenziale per il vero cristianesimo utilizzando nomi ebraici e parole che gli scrittori del Nuovo Testamento non si sentiva alcun bisogno di usare. Queste parole ebraiche sono poi investite di significato settario. Percepiamo che il loro desiderio di usare un nome diverso per Dio è collegato a una tendenza a rifiutare il concetto di Dio associato all’ortodossia cristiana storica. Il loro Signore non è il nostro Signore, il loro Gesù non è il nostro Gesù, il loro Messia non è il nostro Cristo. Probabilmente un eccessivo interesse nell’uso del tetragramma coinvolge anche lo stesso pensiero superstizioso che ha portato alcune persone nei tempi antichi a usarlo come una parola magica, con l’idea che il potere della Divinità possa essere evocato dalla corretta intonazione del suo nome. Questo non onora Dio, respinge l’usanza degli apostoli, e probabilmente non sarebbe stato tollerato da loro.

L’uso del “Signore” per rappresentare il tetragramma continuerà senza dubbio ad essere normale nelle versioni bibliche inglesi. L’esempio degli apostoli, confermato da due millenni di tradizione, non va messo da parte alla leggera. Gli interessi degli studiosi che desiderano richiamare l’attenzione sull’uso del Nome sono adeguatamente serviti dall’uso delle lettere maiuscole che indicano dove si verifica il tetragramma nel testo ebraico.

Dopo aver fatto uno studio approfondito dovremmo imparare che usare i nomi originali esatti di Dio non dovrebbe avere importanza per noi. Il movimento delle radici ebraiche tra le Chiese è molto utile che ci ricordano le radici ebraiche della religione cristiana, tuttavia dovremmo stare attenti a non cadere nella trappola dei culti del nome sacro. Enfatizzare eccessivamente certi nomi di Dio porterebbe a eresie simili come gli “Avventisti del Settimo Giorno” che enfatizzano eccessivamente certi giorni di Dio. Può essere nel mondo moderno sotto la globalizzazione molti non anglofoni pronunciano facilmente George Bush, ma potrebbe non essere stato lo stesso nei vecchi tempi. I nomi quando tradotti in altre lingue vengono cambiati a causa di motivi linguistici. Ecco una domanda simile: perché le traduzioni in inglese a volte, ma non sempre, trasformano i nomi invece di traslitterarli?

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