Ipertensione è comune nella malattia renale cronica è un fattore di rischio per la più rapida progressione del danno renale, e la riduzione della pressione sanguigna (BP) è un modo efficace per prevenire o rallentare la progressione del danno. Le linee guida internazionali raccomandano di abbassare la BP a 140/90 mm Hg o meno nei pazienti con ipertensione non complicata e a 130/80 mm Hg o meno per i pazienti con malattia renale diabetica o cronica. Il raggiungimento di questi obiettivi deve essere perseguito aggressivamente con regimi antipertensivi multidrug, se necessario. La patogenesi del danno renale ipertensivo coinvolge mediatori di vari sistemi extracellulari, incluso il sistema renina-angiotensina (RAS). La proteinuria, che si verifica come conseguenza dell’elevata pressione intraglomerulare, è anche direttamente nefrotossica. Oltre a proteggere i reni riducendo la PA, i farmaci antipertensivi possono anche avere effetti diretti sui meccanismi intrarenali di danno, come l’aumento della pressione glomerulare e la proteinuria. I farmaci antipertensivi che hanno effetti diretti sui meccanismi intrarenali possono, quindi, avere effetti nefroprotettivi aggiuntivi a quelli derivanti dalla riduzione della PA arteriosa. Mentre gli effetti di abbassamento della BP sono comuni a tutti i farmaci antipertensivi, gli effetti intrarenali differiscono tra le classi e tra i singoli farmaci all’interno di determinate classi. Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) e i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB) hanno effetti benefici sulla proteinuria e sulla funzione renale in declino che sembrano essere mediati da fattori aggiuntivi ai loro effetti sulla BP. Questi inibitori della RAS sono raccomandati come approccio antipertensivo di prima linea nei pazienti con malattia renale cronica. Anche l’aggiunta di diuretici e antagonisti dei canali del calcio alla terapia con inibitori RAS è considerata una strategia razionale per ridurre la PA e preservare la funzionalità renale. Gli antagonisti dei canali del calcio sono una classe altamente eterogenea di composti e sembra che alcuni agenti siano più adatti per l’uso in pazienti con malattia renale cronica rispetto ad altri. Manidipina è un antagonista dei canali del calcio diidropiridina (DHP) di terza generazione che blocca sia i canali del calcio di tipo L che T. A differenza dei DHP di vecchia generazione, che agiscono preferenzialmente sui canali di tipo L, manidipina ha dimostrato di avere effetti benefici sull’emodinamica intrarenale, sulla proteinuria e su altre misure di declino funzionale renale nei primi studi clinici che hanno coinvolto pazienti ipertesi con insufficienza renale cronica. I risultati preliminari di uno studio in pazienti diabetici con ipertensione non controllata e microalbuminuria nonostante la terapia ottimale con un ACE inibitore o un ARB suggeriscono che la manidipina può essere un eccellente farmaco antipertensivo in combinazione con il trattamento con inibitori della RAS al fine di normalizzare la PA e l’escrezione di albumina nei pazienti con diabete.